La VANITA’ di RACCONTARE CHI siamo

Scrivere la propria autobiografia è difficile. Quasi sempre l’autore è troppo affezionato al protagonista. E non sempre, la vita che ha da raccontare, vale la pena di esser messa in pubblica piazza.

Anche scrivere il curriculum, presenta trappole insidiose. Per esempio, la vanità e la sintesi, sono spesso inversamente proporzionali.

Ne parlavo qualche giorno fa con un cliente, la difficoltà più grande è stata quella di convincerlo a inserire difficoltà e fallimenti nel CV. Reagan si presentava così: «Ronald Reagan è il presidente degli Stati Uniti». Il mio cliente non è presidente e salvo miracoli dubito possa diventarlo… (anche se forse lui questo non lo sa ancora)!

Più sei importante, meno hai bisogno di parole. Le biografie sono spesso un florilegio di titoli, cariche e opere che rivelano insicurezza. Qualunque essere umano, dopo i quarant’anni, è in grado di riempire una pagina o improvvisare un libercolo, al fine di soddisfare la propria latente vanità.

Una nota biografica non è un romanzo, è un riassunto. Cinque righe informano, venti annoiano, trenta allarmano, cinquanta generano sospetto.

Ci sono premi che non si devono vincere. Se accade, è bene mantenere riservata la notizia. Ce ne sono altri che è bello ottenere. In questo caso, la modestia ha il suo peso. Indicare un’onorificenza vale un’ammissione: «Per me è importante!»

Beneficenza e opere di carità sono parti intime: se non si vedono, è meglio. Frasi come «Il dottor S. ha condotto al successo molte imprese italiane e straniere» è pericolosamente vago. Di cosa si occupavano queste imprese? Mangimi, petrolio o affari internazionali? Dove operavano: in Cina o in Nuova Guinea? Evitare i superlativi e limitare gli aggettivi. «Marco V. ha ottenuto notevolissimi successi nel campo dell’informatica» lascia sospettare che sia riuscito, tutt’al più, ad aggiustare la Playstation del figlio.

Aggiornare periodicamente la fotografia. Ci sono colleghi che usano lo stesso ritratto scattato ai tempi del governo Andreotti. Quando v’incontrano, dovete sentirvi dire «lei sembra più giovane di persona!» e non «scusi, ma noi avevamo invitato suo figlio».

«Appare regolarmente in tv»: più che un titolo di merito, è un segno di disperazione. «Già presidente…»: più che un’informazione, è un rimpianto. «Ex deputato…» invece va bene: basta indicare anche l’ammontare del vitalizio.

Concedere qualche informazione personale si può: ma senza esagerare. Il nome della moglie va bene. Quello di tutti gli animali domestici, no.

Dimenticavo: alcuni di questi peccati li ho commessi. Questo decalogo vale come confessione e, spero, anche assoluzione…

28 maggio ’25 – Strategie per rendere più facili scelte complesse in famiglia e sul lavoro – Coldiretti Cuneo

Mercoledì 28 Maggio ’25 parlerò di “Strategie di Nudging per rendere più facili scelte complesse in famiglia e sul lavoro“.

L’evento, dalle 15,30 alle 17, si terrà nella sede della Coldiretti di Cuneo – sede distaccata di Fossano in Via Foro Boario 17 .

L’evento è organizzato dal Comitato Coldiretti Donne.

Una VITA senza PROBLEMI… è davvero ciò di cui abbiamo BISOGNO!

Piacevole, sfrontata, subdola e persistente l’illusione di pensare che un giorno riusciremo a non avere più problemi… Ci cado più di quanto vorrei… Soprattutto quando sono stanca e sopraffatta: pensare che se mi impegno e sacrifico ancora un po’, la distanza da quel momento si fa più vicina!

Beata umana illusione!

È una riflessione che la maggior parte di noi dovrebbe porsi. Credo che tutti, tranne forse i più zen o i più illuminati, posto che esistano, attraversino la vita tormentati dalla sensazione che presto tutto funzionerà, che arriveremo a essere perfettamente organizzati, che risolveremo i nostri problemi personali, ma che fino ad allora stiamo vivendo quella che la psicologa svizzera Marie Louise von Franz chiamava “vita provvisoria“. “Si prova la strana sensazione di non essere ancora nella vita reale. Per il momento, si sta facendo questo o quello… ma si continua a fantasticare che in futuro la realtà si realizzerà“.

La maggior parte dei nostri tentativi di diventare persone migliori, più in forma, sane, morali/produttive/organizzate, e così via, peggiorano ulteriormente questo problema, perché è praticamente impossibile perseguire qualsiasi programma di cambiamento senza il pensiero, da qualche parte nella mente, che portare a termine con successo il cambiamento ci catapulterà in un’esistenza nuova e in qualche modo più reale.

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un’esplosione di libri sul tema change, la maggior parte dei quali adotta un approccio concreto, concentrandosi sull’importanza di compiere piccoli passi incrementali. Eppure, raramente sfuggono alla trappola di insinuare che, una volta implementata, un’abitudine diventerà totalmente automatica, e che le sofferenze della vita, almeno in quell’ambito, saranno finite per sempre.

Questo errore di pensiero potrebbe anche andare bene se non compromettesse la qualità della vita che si sta vivendo nel presente. Ma lo fa. La persona intrappolata in una simile mentalità, fa pensare alla metafora del gatto di John Maynard Keynes. Ma non divaghiamo…

Un antidoto è permettersi di immaginare come ci si potrebbe sentire sapendo di non riuscire mai a gestire perfettamente il lavoro, di non diventare mai ciò che si vorrebbe diventare, non riuscire a mangiare sempre e solo in modo sano, di lasciare insoluti alcuni problemi personali…

E se mi sentissi sempre in ritardo con le email? E se ascoltare attentamente gli altri richiedesse sempre lo stesso sforzo innaturale che sembra richiedere ora? E se quella cosa fastidiosa che fa il mio partner mi infastidisse per sempre? Se certe difficoltà rimanessero tali?

La meditazione per molti offre un modello utile in questo senso, perché la maggior parte degli insegnanti di meditazione riconosce esplicitamente che smettere di pensare non è il vero obiettivo; distrarsi per poi tornare a portare attenzione al respiro è il segreto e la soluzione.

Si potrebbero riformulare anche altre attività in questo modo. L’obiettivo come runner non deve essere necessariamente quello di arrivare a un punto in cui sia facile alzarsi alle 6:30, ogni giorno. Piuttosto migliorare la velocità o la falcata, e se di tanto in tanto si preferisce rimanere a dormire, essere consapevoli che si può comunque riprendere, l’allenamento, il giorno dopo.

Quando mi lascio avvolgere da questo pensiero – che potrei rimanere bloccata su certe questioni – inevitabilmente mi innervosisco: “Aspetta, Laura, stai dicendo che non arriverò mai alla fase senza problemi? Non è ciò che mi ero prefissata!“. Ma poi arriva la sensazione di essermi tolta un peso enorme. La pressione si dissolve. Posso rilassarmi e tornare alla vita che sto vivendo. Lungi dall’essere scoraggiante, mi ritrovo molto più motivata a impegnarmi.

A quanto pare, il mio vero problema era pensare che un giorno avrei potuto liberarmi di tutti i problemi, quando la verità è che non c’è modo di sfuggire al cumulo di compost sporco e maleodorante di questa realtà. Il che, in realtà, va bene. Il compost è la sostanza che aiuta le cose a crescere.

Quando una PARTITA di CALCIO NON è SOLO una PARTITA di CALCIO: fra casualità, coincidenze, sincronicità e sequenze di Fibonacci

Jung la chiamava sincronicità, l’idea secondo la quale ciò che accade, nella nostra vita, ha un significato preciso e una ragione. Detta in altri termini: nulla accade per caso. Purtroppo però, non sempre è facile capire il significato degli eventi e dare loro un senso. Come ciò che è accaduto qualche giorno fa…

Nel week end appena trascorso, il Liverpool ha conquistato il secondo titolo di Premier League ma ha non solo vinto, ha anche

completato l’apertura di una serie eccezionale di numeri.

Sequenza che emerge quando classifichiamo il Liverpool insieme agli altri club che hanno vinto la Premier League dalla sua fondazione nel 1992, partendo dal più basso.

Blackburn Rovers: 1

Leicester City: 1

Liverpool: 2

Arsenal: 3

Chelsea: 5

Manchester City: 8

Manchester United: 13

Ossia: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13.

Sequenza che potrebbe sembrare, per i più, poco o per nulla significativa. Ma non per gli appassionati di matematica che la riconosceranno come la successione di Fibonacci, in cui ogni numero (dopo i primi due) è la somma dei due precedenti nella sequenza.

LA SEQUENZA DI FIBONACCI

Questa sequenza può essere riscontrata in una sorprendente varietà di contesti: arte, botanica, architettura, solo per citarne alcuni. In molti fiori, per esempio, il numero di petali rispecchia la sequenza di Fibonacci: gigli e iris hanno 3 petali, primula e rosa canina 5, cosmea 8.

Le sequenze di Fibonacci furono introdotte per la prima volta nella scienza europea nel 1202 da Leonardo da Pisa, noto anche come Fibonacci.

Tuttavia, molto prima che Fibonacci rendesse popolari le sequenze, queste erano già note ai matematici indiani che vi ricorrevano per aiutarsi a enumerare il numero di possibili poesie di una data lunghezza, usando sillabe brevi di una unità di durata e sillabe lunghe di due unità di durata. Capirono cioè che per calcolare il numero di poesie di una data lunghezza bastava aggiungere il numero di poesie che erano più corte di una sillaba al numero di quelle che erano più corte di due sillabe – la stessa regola esatta che usiamo oggi per definire una sequenza di Fibonacci.

Nascosto nelle sequenze si cela un altro importante pilastro matematico: la sezione aurea. Man mano che i termini di una sequenza di Fibonacci aumentano, il rapporto tra ciascun termine e quello precedente si avvicina sempre di più alla sezione aurea, approssimata a 1,61803 dalle prime cifre della sua espansione decimale. Si ipotizza che la sezione aurea governi la disposizione delle foglie sullo stelo di alcune specie vegetali e presumibilmente porti a risultati esteticamente gradevoli quando applicata in arte, architettura e musica .

COINCIDENZE O SCIENZA?

Le sequenze di Fibonacci sono spesso considerate esempi della bellezza della matematica, capaci di fornire vividi esempi visivi di matematica insita negli schemi del mondo reale, senza i quali si farebbe fatica a comprendere. Eccessivo entusiasmo può però portare a considerare le sequenze di Fibonacci, la sezione aurea o anche solo eventi di sincronicità come una sorta di legge naturale onnicomprensiva che governa fenomeni di ordini di grandezza diversi, dalle forme a spirale delle conchiglie, ai vortici degli uragani fino alle galassie.

In realtà, sebbene queste caratteristiche naturali siano esteticamente gradevoli, pochissime di esse rispettano le regole della sequenza di Fibonacci o presentano la sezione aurea.

CALCIO, SEQUENZE O CASUALITA’

È straordinario ad ogni modo scoprire la sequenza di Fibonacci in un luogo così inaspettato come il calcio. Che ci sia un processo sorprendente e invisibile alla base delle lotte per il titolo della Premier League o è solo una curiosa coincidenza?

Solo perché possiamo vedere una sequenza di Fibonacci in qualcosa non significa che sia lì per un motivo.

Tuttavia, individuare questo tipo di apparenti coincidenze può essere estremamente utile per il processo di scoperta scientifica. Nel 1912, Alfred Wegener notò che la costa dell’Africa occidentale e quella orientale del Sud America sembravano incastrarsi come pezzi di un puzzle. Nonostante l’opinione prevalente all’epoca, secondo cui le enormi masse continentali fossero semplicemente troppo grandi per essere spostate, Wegener propose l’unica teoria che conciliasse le sue osservazioni. La deriva dei continenti suggeriva che le masse continentali non fossero radicate in un luogo ma potessero, molto lentamente, cambiare la loro posizione relativa sulla superficie terrestre.

Forse, oggi, siamo solo incapaci di dare un senso… anche se (o proprio perché) si tratta solo di calcio… e lo scrive una che di football sa ben poco. A ognuno la propria interpretazione!