Il CERVELLO dei RAZZISTI…

Una giovane mamma siede sull’autobus con il bambino in braccio, accanto a un anziano. Arriva la sua fermata. Chiede all’uomo di alzarsi, perché non riesce a passare. Si rivolge al figlio, in serbo, spiegandogli che devono scendere. L’anziano capisce che sono stranieri, non si vuole spostare, urla: “Voi non sapete fare altro che bambini”.

“Non si è mai vista una negra che prende 10 a Diritto”. La ragazzina è tra i primi della classe e questa dote è evidentemente stata giudicata da qualcuno incompatibile con il colore della sua pelle. Di qui gli insulti, gravissimi e prolungati nel tempo e lettere anonime in cui si legge “non esiste che una negra possa diventare avvocato”.

Niente di insolito. Solo storie di ordinario razzismo quotidiano.

COSA ACCADE NEL CERVELLO DEI RAZZISTI

Cosa accade nel cervello di chi ha bisogno di togliere ogni residuo di umanità alle genti che vengono da lontano?

A scoprirlo il direttore del Peace and Conflict Neuroscience Lab dell’Università della Pennsylvania, Emile Bruneau, osservando con la Risonanza Magnetica Funzionale, quel che accade nel cervello degli intervistati a cui è stato chiesto come si sentissero di fronte a persone considerate diverse.

Agli intervistati, in modo piuttosto diretto, sono state poste due domande: una relativa al livello di disumanizzazione chiedendo di indicare  dove sistemerebbero le persone in questione in una sorta di scala evolutiva della civiltà; l’altra relativa al senso di gradimento/disgusto che quegli esseri umani generavano loro.

I risultati, pubblicati sul Journal of Experimental Psychology, mostrano che la disumanizzazione e la mancanza di gradimento coinvolgono regioni diverse del cervello. «Quando mi riferisco a un altro essere umano come a un animale o a un essere inferiore in generale si attivano aree cerebrali diverse da quando semplicemente affermo che qualcuno non mi piace – ha spiegato lo scienziato -.

La disumanizzazione, ossia lo svuotamento della vita umana da ogni spiritualità e senso morale e quindi da ogni dignità, è un processo che porta: aggressività, torture, il rifiuto ad aiutare le vittime di violenza e soprusi,  il sostegno a atti razzisti e incivili e a conflitti armati.

Capire che disgusto e disumanizzazione sono due sentimenti molto diversi, che prendono strade ben distinte nel nostro cervello, può aiutare a trovare delle soluzioni. Molti interventi per ridurre i conflitti tra gruppi, per esempio fra palestinesi e israeliani, musulmani e occidentali, bianchi e neri, si focalizzano sul tentativo di portare gli uni e gli altri a “piacersi” di più. È però molto difficile riuscirci, potrebbe essere, grazie a queste scoperte, più semplice portare le persone a riconoscersi come esseri umani, cosa per’altro che già è.

I BAMBINI SONO SONO RAZZISTI

Una breve nota di fondo: i bambini non percepiscono un altro essere umano come diverso solo a partire dalla sua appartenenza etnica, almeno fino all’età adolescenziale.

Gli adolescenti, infatti, così come gli adulti, registrano  un’attivazione dell’amigdala diversa in presenza di volti stranieri. Ciò significa che, almeno in una certa misura, si riconosce l’altro come diverso da sé. Ciò non significa essere razzisti, ma è un dato molto interessante rispetto alla comprensione del fenomeno.

Il nostro cervello, per fortuna, è programmato per non essere razzista con i bambini e questo dato, nonostante tutto, infonde un pochino di speranza.