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Una VITA senza PROBLEMI… è davvero ciò di cui abbiamo BISOGNO!

Piacevole, sfrontata, subdola e persistente l’illusione di pensare che un giorno riusciremo a non avere più problemi… Ci cado più di quanto vorrei… Soprattutto quando sono stanca e sopraffatta: pensare che se mi impegno e sacrifico ancora un po’, la distanza da quel momento si fa più vicina!

Beata umana illusione!

È una riflessione che la maggior parte di noi dovrebbe porsi. Credo che tutti, tranne forse i più zen o i più illuminati, posto che esistano, attraversino la vita tormentati dalla sensazione che presto tutto funzionerà, che arriveremo a essere perfettamente organizzati, che risolveremo i nostri problemi personali, ma che fino ad allora stiamo vivendo quella che la psicologa svizzera Marie Louise von Franz chiamava “vita provvisoria“. “Si prova la strana sensazione di non essere ancora nella vita reale. Per il momento, si sta facendo questo o quello… ma si continua a fantasticare che in futuro la realtà si realizzerà“.

La maggior parte dei nostri tentativi di diventare persone migliori, più in forma, sane, morali/produttive/organizzate, e così via, peggiorano ulteriormente questo problema, perché è praticamente impossibile perseguire qualsiasi programma di cambiamento senza il pensiero, da qualche parte nella mente, che portare a termine con successo il cambiamento ci catapulterà in un’esistenza nuova e in qualche modo più reale.

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un’esplosione di libri sul tema change, la maggior parte dei quali adotta un approccio concreto, concentrandosi sull’importanza di compiere piccoli passi incrementali. Eppure, raramente sfuggono alla trappola di insinuare che, una volta implementata, un’abitudine diventerà totalmente automatica, e che le sofferenze della vita, almeno in quell’ambito, saranno finite per sempre.

Questo errore di pensiero potrebbe anche andare bene se non compromettesse la qualità della vita che si sta vivendo nel presente. Ma lo fa. La persona intrappolata in una simile mentalità, fa pensare alla metafora del gatto di John Maynard Keynes. Ma non divaghiamo…

Un antidoto è permettersi di immaginare come ci si potrebbe sentire sapendo di non riuscire mai a gestire perfettamente il lavoro, di non diventare mai ciò che si vorrebbe diventare, non riuscire a mangiare sempre e solo in modo sano, di lasciare insoluti alcuni problemi personali…

E se mi sentissi sempre in ritardo con le email? E se ascoltare attentamente gli altri richiedesse sempre lo stesso sforzo innaturale che sembra richiedere ora? E se quella cosa fastidiosa che fa il mio partner mi infastidisse per sempre? Se certe difficoltà rimanessero tali?

La meditazione per molti offre un modello utile in questo senso, perché la maggior parte degli insegnanti di meditazione riconosce esplicitamente che smettere di pensare non è il vero obiettivo; distrarsi per poi tornare a portare attenzione al respiro è il segreto e la soluzione.

Si potrebbero riformulare anche altre attività in questo modo. L’obiettivo come runner non deve essere necessariamente quello di arrivare a un punto in cui sia facile alzarsi alle 6:30, ogni giorno. Piuttosto migliorare la velocità o la falcata, e se di tanto in tanto si preferisce rimanere a dormire, essere consapevoli che si può comunque riprendere, l’allenamento, il giorno dopo.

Quando mi lascio avvolgere da questo pensiero – che potrei rimanere bloccata su certe questioni – inevitabilmente mi innervosisco: “Aspetta, Laura, stai dicendo che non arriverò mai alla fase senza problemi? Non è ciò che mi ero prefissata!“. Ma poi arriva la sensazione di essermi tolta un peso enorme. La pressione si dissolve. Posso rilassarmi e tornare alla vita che sto vivendo. Lungi dall’essere scoraggiante, mi ritrovo molto più motivata a impegnarmi.

A quanto pare, il mio vero problema era pensare che un giorno avrei potuto liberarmi di tutti i problemi, quando la verità è che non c’è modo di sfuggire al cumulo di compost sporco e maleodorante di questa realtà. Il che, in realtà, va bene. Il compost è la sostanza che aiuta le cose a crescere.

TI ANNOI AL LAVORO? NON SEI IL SOLO!

Mi annoio facilmente. Da sempre. E questo mi porta a diversificare lavori, divertimenti e letture. E devo dire che funziona. Per la maggior parte delle volte.

Leggendo qua e là studi a riguardo ho scoperto che la noia è un problema che attanaglia molti più di quanto avrei mai pensato. Da un sondaggio condotto in America nel 2017 è emerso che è una condizione vissuta particolarmente sul luogo di lavoro. Alcuni leggendo questo avranno fatto un salto sulla sedia… Come è possibile annoiarsi al lavoro… di solito, per molte occupazioni almeno (e condivido totalmente), non c’è neppure tempo di respirare… altro che annoiarsi. Eppure anche i lavori più interessanti hanno sfaccettature di attività che inducono alla noia…  

Ebbene, dal sondaggio è emerso che le persone che sul luogo di lavoro si annoiano, tendono a scacciare questa condizione navigando in internet, mandano messaggi, mentre (fatto curioso) il 37% rimanente, guarda la TV sullo smartphone. Come una ex dipendente della società cinematografica di Robert De Niro Canal Productions che in quattro giorni ha guardato 55 episodi di “Friends”, tutti in orario di lavoro (se siete interessati a saperne di più: https://variety.com/2019/biz/news/robert-de-niros-company-files-6-million-suit-against-ex-employee-1203305958/?__twitter_impression=true).

E’ inoltre noto che la noia porta a bassa motivazione, errori inutili, mancanza di produttività e a sviluppare incidenti… in un negozio di biciclette del Regno Unito, alcuni lavoratori annoiati tentarono di scappare dalla monotonia cremando un topo.

Prima di dar fuoco a roditori morti per sentirsi vivi, vediamo cosa suggerisce la scienza. Un paper pubblicato su Current Directions in Psychological Science indica una soluzione virtuosa e controintuitiva al guardare film sul telefonino: cercare un modo per rendere il lavoro più interessante.

Sicuramente  molti di noi ci avevano già pensato, il problema è come questo sia possibile… aggiungo io!

PERCHE’ CI ANNOIAMO

Lo psicologo sociale dell’Università della Florida Erin Westgate, spiega che sono due le principali cause che portano ad annoiarci: “Ci annoiamo quando non siamo in grado di prestare attenzione o non riusciamo a trovare un significato in ciò che stiamo facendo”.

Potremmo avere problemi a prestare attenzione al nostro lavoro perché è troppo facile o troppo difficile, per dirla in altre parole. Potremmo annoiarci inserendo meccanicamente dati in un sistema, così come tentando di risolvere un problema matematico particolarmente difficile.

E potremmo annoiarci quando sentiamo che il nostro lavoro non è importante: o come lo chiama l’antropologo David Graeber bullship jobs, a indicare occupazioni soggettivamente insignificanti e insoddisfacenti. Quando abbiamo a che fare con questo tipo di noia, è facile sentirsi soli, tristi e disimpegnati come se fossimo in un film d’arte, ma senza l’estetica raffinata e la capacità di apparire cool.

TROVARE UNO SCOPO

Anche se il lavoro che si sta svolgendo è poco significativo, trovare uno scopo è una delle soluzioni più semplici e pratiche che la docente di management di Yale, Amy Wrzesniewski suggerisce. In un termine “job crafting.” Ad esempio, ha scoperto come gli inservienti ospedalieri che hanno compreso l’importanza del loro lavoro sono profondamente più soddisfatti di chi invece porta a termine i compiti meccanicamente. Potendo interagire con i pazienti hanno così anche la possibilità di farli stare meglio.

Un altro consiglio arriva dalla giornalista (ed ex avvocato) Ephrat Livni: considerare il lavoro come un gioco, trovando modi per apprezzare e valorizzare qualunque attività ci venga retribuita. Così come possiamo rendere più sfidante una attività particolarmente noiosa.

L’ANTIDODO ALLA NOIA

Il punto più importante del paper riguarda le diverse tipologie di attività che siamo portati a fare pur di allontanare la noia.

Ciò che la nostra mente ci induce a fare è quello di passare a qualcosa di più divertente, come scorrere Instagram, giocare sul telefono o guardare 55 episodi di Friends. Eppure, saltarellare da una attività piacevole all’altra non sembra essere un buon antidoto alla noia. Anzi un aggravante nel lungo termine.

I diversivi infatti sono un po’ come il cibo spazzatura, danno soddisfazione sull’immediato a scapito del benessere futuro.

In altre parole, quando scegliamo una nuova attività, dovremmo indirizzarci verso quella che richiede ai nostri cervelli di fare più lavoro, non meno. Ciò che consigliano i ricercatori è quello di guardare un documentario sull’Olocausto – certamente non divertente, ma probabilmente coinvolgente – piuttosto che immergersi in giochi quali Candy Crush.

Estendendo questa logica al contesto del lavoro, un professore che si annoia mentre scrive lettere di raccomandazione per gli studenti potrebbe fare una pausa leggendo dei documenti che parlano di nuove scoperte nel suo campo. Questo potrebbe rinvigorire il suo investimento nell’aiutare i nuovi talenti ad avere successo e cambiare il suo approccio nel redarre raccomandazioni.

Insomma sconfiggere la noia è quasi impossibile, però possiamo mitigarla e gestirla noi, anziché lasciare a lei l’ultima parola!