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Se lo DICO IO… Il PREGIUDIZIO della RAGIONE

Una coppia si era appena trasferita nel nuovo appartamento. Una mattina a colazione, la moglie vide dalla finestra la vicina di casa intenta a stendere le lenzuola: “Guarda, la vicina sta stendendo delle lenzuola sporchissime! Forse dovrebbe cambiare detersivo”.

Il maritò osservò la scena e rimase in silenzio. Ogni settimana si ripeteva la stessa storia. Passato un mese, un mattino la moglie si sorprese nel vedere che le lenzuola stese erano pulite: “Guarda, finalmente la vicina ha imparato come si lavano i panni!”. E il marito rispose: “Non è proprio così… Oggi mi sono alzato prima e ho pulito i vetri della nostra finestra”.

Li consideriamo stupidi e li troviamo detestabili e talvolta guardiamo loro con sufficienza. Dentro di noi infatti siamo convinti sostenitori della nostra razionalità e obiettività. A differenza di chi ci sta intorno, amici, colleghi, famigliari… Eppure cadiamo vittime di pregiudizi e condizionamenti. Tutti.

Soprattutto uno (il padre di tutti i bias cognitivi), il più insidioso e pericoloso che non solo fa da presupposto a tutti gli altri, capace di bypassare la nostra consapevolezza: blind spot bias. Tale “zona cieca” è così ben integrata nel nostro modo di pensare e così profondamente sepolta nella nostra mente da non essere accessibile alla coscienza consapevole. La storiella ne è la rappresentazione più fedele.

Osservazioni quotidiane confermano l’esistenza di pregiudizi [bias] nella percezione umana. Troviamo che i nostri avversari, e a volte anche i nostri colleghi, vedono eventi e problemi attraverso il prisma distorcente della loro ideologia politica, della storia e degli interessi individuali o del loro gruppo, e del loro desiderio di vedere se stessi in una luce positiva – spiega la psicologa Emily Pronin, fra i pionieri degli studi sul Blind Spot Bias. Quando tuttavia riflettiamo sulla nostra visione del mondo, generalmente rileviamo poche prove di questi pregiudizi. Abbiamo l’impressione di vedere problemi ed eventi “obiettivamente”, come sono in realtà. Vorremmo concedere, forse, che alcune delle nostre opinioni sono state modellate dalla nostra esperienza personale e dall’identità di gruppo, ma sentiamo che nel nostro particolare caso questi fattori hanno condotto ad aumentare la conoscenza piuttosto che il pregiudizio.

Per misurare la percezione di suddetto bias sono stati condotti 3 diversi esperimenti, durante i quali i partecipanti sono stati esposti a un certo numero di situazioni:

  • confronto tra sè e un americano medio (24 studenti)
  • confronto tra sè e compagno di classe medio (30 studenti)
  • confronto tra sè e viaggiatore medio (su 76 viaggiatori di varie età ed etnia. Le principali conclusioni dello studio hanno mostrato che tutti i partecipanti hanno percepito se stessi come più obiettivi degli altri in tutti e tre i confronti. Asimmetria nella percezione dei pregiudizi, denominata “illusione introspettiva” che, fa erroneamente presupporre che conoscendo la sua esistenza sia poi possibile evitarla.

Purtroppo però non è leggendo queste parole o interi libri sull’argomento che si riuscirà a slegarsi da essi. Forse, come suggerisce il filosofo Samuel McNerney, spendiamo troppa energia per proteggere il nostro Ego e non ce ne rimane per accorgerci dei nostri errori percettivi.

Un suggerimento potrebbe essere quello di rovesciare il problema: invece di impegnarci nello sforzo titanico di cambiare il nostro cervello dovremmo cercare di cambiare il mondo intorno a noi. Questa volta, però mi sa che a cadere in una trappola mentale sono proprio io…