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NON C’E’ DUE SENZA TRE… SCOMMETTIAMO?

Tiro. Canestro
Tiro. Canestro
Tiro. Canestro

Ha la mano calda il cestista oggi: 3 su 3

Tiro….
Chi scommette sul quarto?

Prima che tu perda la scommessa, mi tocca dirti che le probabilità che il cestista continui a centrare il canestro non sono condizionate dai precedenti tiri. Questo vale anche per calciatori, meteore del mondo dello sport e campioni dagli incomprensibili momenti bui.

L’espressione mano calda è molto usata anche nel mondo delle banche da quando gli studiosi di finanza comportamentale l’hanno presa a prestito dal gergo sportivo per definire l’abitudine diffusa di presupporre che una sequenza particolare di eventi possa condizionare l’evento successivo, cioè che si formino in maniera non casuale sequenze fortunate e sfortunate di speculazioni.

Per accorgersene è sufficiente considerare le statistiche dei giocatori su più stagioni, piuttosto che su una singola partita e diventa lapalissiano che la spiegazione della prestazione di un giocatore non dipende dalla temperatura della sua mano (o del suo piede), quanto dalle sue percentuali al tiro rilevate in molte partite. E per lo stesso motivo non ha molto senso estrapolare una tendenza su come si comporterà un titolo o l’intero mercato nei prossimi mesi riferendosi all’andamento degli ultimi 5 o 6. Eppure siamo tutti tentati di farlo.

La mano calda è una variante della credenza nella Legge dei piccoli numeri: la convinzione istintiva di poter trarre conclusioni a partire da poche osservazioni. Appartiene alla stessa categoria della gambler fallacy, l’illusione del giocatore di roulette, convinto che dopo 6 neri ci sia maggiore possibilità di un rosso al tiro successivo.

Mentre la fallacia del giocatore pretende che una sequenza casuale di numeri esibisca una persistenza negativa (dopo 6 neri un rosso), nella mano calda la persistenza è positiva (dopo 3 canestri, un quarto). Vale a dire che il nostro cervello, in modo curioso, si aspetterebbe una tendenza alla alternanza e al disordine in caso di eventi naturali, alla ripetizione e all’ordine nel caso di eventi umani.

Le estrazioni del lotto o la roulette non si ricordano però dei numeri o dei colori appena usciti. Le previsioni sul futuro dicono poco sul futuro, ma tanto di chi le fa, sostiene Warren Buffet. Il significato o la previsione non risiedono infatti nelle poche informazioni a disposizione, ma nella nostra mente portata a generalizzare, anche quando il campione statistico non lo consentirebbe. Se lo dice lui…..

ERRARE E’ UMANO, AMMETTERLO è DIABOLICO (ma NECESSARIO)

Gli errori sono dolorosi. Soprattutto in un periodo storico in cui l’evidenza dell’errore è disponibile su internet h24. Insomma, sottrarsi al giudizio e all’accusa è quasi impossibile.

Gli errori sono dolorosi e inevitabili. Il trucco per soffrirne meno, non è non sbagliare ma sbagliare bene, riconoscendo la nostra fallacia e trarne insegnamento. Farne, direbbero in molti, lezioni imparate.

Prendersi la responsabilità dei propri errori è cosa ardua, più ancora che non sbagliare. A pochi piace essere colti in fallo. E pur di evitare la pubblica flagellazione, spesso ci rifiutiamo persino di prendere in considerazione le prove dell’errore.

Gli economisti per decenni hanno sbandierato a gran voce la razionalità umana, assumendo che di fronte a un nuovo dato di fatto, le persone rivedono la loro visione del mondo. Un numero infinito di studi ha dimostrato l’altrettanto numero infinito di modi in cui la mente umana si allontana, invece, dalla razionalità.

Una ricerca del 2016, condotta da Bénadou (università di Princeton) e Tirole (Toulouse school of economics) ha mostrato come invece le convinzioni assomiglino a beni economici: “le persone spendono tempo e risorse per costruirle e gli attribuiscono un valore. La convinzione che una persona sia un buon venditore può creare la fiducia necessaria a concludere delle vendite. Eppure, poiché le convinzioni non sono semplici strumenti utili per prendere decisioni buone, nuove informazioni che le mettono in dubbio, non è bene accetta”.

Quindi cosa facciamo? Ci impelaghiamo in “ragionamenti motivati” per gestire sfide di questo tipo. I due ricercatori hanno identificato 3 categorie:
– l’ignoranza strategica: quando si evitano informazioni che offrono prove in conflitto con la propria credenza
– la negazione della realtà: quando le prove che pongono nuovi problemi sono allontanate razionalmente
– l’auto segnalazione: quando si creano strumenti per interpretare i fatti come meglio si crede

I ragionamenti motivati sono distorsioni cognitive, bias, a cui siamo soggetti tutti, in particolare le persone dall’istruzione elevata.

Non sempre, queste distorsioni, portano a errori gravi: sostenere la superiorità di una squadra di calcio anche se le prove dicono il contrario, non ha grandi conseguenze. Se però le distorsioni sono condivise all’interno di una realtà organizzativa in difficoltà, nei mercati finanziari o nei partiti politici, il pericolo può non essere trascurabile.

Abbassare il prezzo da pagare per l’ammissione di un errore potrebbe essere un modo per disinnescare bias di questo tipo. La rivista Econ Journal Watch ha chiesto a influenti economisti di presentare le dichiarazioni di cui si rammaricano di più. Alcune analisi sono state illuminanti come quella di Tyler Cowen, noto economista statunitense (esponente della scuola austriaca, docente alla George Mason University, nonché editorialista economico per il New York Times), in cui ha spiegato come e perché avesse sottostimato i rischi della crisi nel 2007.

Esercizi di questo tipo, se condotti con regolarità, potrebbero eliminare la vergogna di dover cambiare opinione. Pur considerato che scusarsi pubblicamente è rischioso in quanto fornisce materiale di propaganda agli avversari ideologici e infastidisce i colleghi dalle simili visioni.

Nel tempo però l’autocensura erode la fiducia. Insomma pretendere di non sbagliare mai, non attira i consensi e non conviene neppure a chi ha ragione.