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Il CONGIUNTIVO non è una MALATTIA…

Il primo di cui mi è data memoria è Fantozzi con “vadi contessa, vadi”, poi sono arrivati attraverso tweet e meme, claudicanti dichiarazioni pubbliche, fitte di indicativi fuori luogo. Il più recente è Di Maio “mi impegno a far votare in Parlamento a tutto il gruppo parlamentare che rappresento, una legge che dimezza (dimezzi) le indennità dei parlamentari e introduce (introduca) la rendicontazione puntuale dei rimborsi spesa (spese)”. Passando da Conte, Renzi e Zingaretti.

Insomma, cambiano i tempi, ma il congiuntivo continua a mietere vittime. Da un lato è tocco di raffinatezza, capitale culturale. Dall’altro è una trappola sempre pronta a colpire: sbagliandolo non si fa certo bella figura.

CONGIUNTIVO VS CONGIUNTIVITE

Chi non è avvezzo ad usarlo correttamente, si rifugia nell’ipercorrezione: l’estensione del congiuntivo a contesti in cui l’indicativo sarebbe dichiaratamente più naturale. Sono i casi che alcuni opinionisti, come Beppe Severgnini, chiamano “congiuntivite”.

Nel frattempo, chi il congiuntivo lo destreggia bene, ha visto svilupparsi una forma di irritazione verso l’interlocutore sgrammaticato con il risultato di fomentare polemiche e conflitti con chi, comunque, della propria congiuntivite verbale se ne fa vanto.

E’ pur vero che il congiuntivo non è facilissimo da coniugare, l’indicativo invece è prevedibile. Per questo, spinti dal risparmio energetico, la tendenza è quella di usare il secondo al posto del primo. È una spiegazione allettante, ma subdolamente denigratoria, perché implica che l’indicativo sia una sorta di congiuntivo for dummies, un surrogato che consente di esprimere la stessa idea con meno sforzo.

INDICATIVO VS CONGIUNTIVO

Peccato che i due modi non siano assolutamente interscambiabili. Alda Mari, ricercatrice italiana del CNRS a Parigi, suggerisce che c’è una sottile, cruciale differenza tra di loro: l’indicativo serve a esprimere una propria convinzione personale; il congiuntivo suggerisce invece che ci sia una verità oggettiva, e che chi parla si stia impegnando a ricercarla. Questo, secondo Mari, ci permette di imprimere diverse sfumature ai nostri messaggi, insulti compresi. Dire “credo che tu sei un cretino”, è meno offensivo del “credo che tu sia un cretino”: nel primo caso è pura opinione emotiva; nel secondo ha il sapore agghiacciante di un giudizio supportato da alacre ricerca empirica.

IL CONGIUNTIVO E’ UNA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTA’

In sostanza: trattare l’indicativo come surrogato del congiuntivo non è solo un torto nei confronti dell’indicativo. È anche una rappresentazione errata di ciò che succede nella lingua, la cui grammatica mette a nostra disposizione sofisticate risorse per comunicare, che noi possiamo modulare in base ai nostri scopi. Anche decidendo quale modo verbale usare.

Probabilmente nell’epoca del “chi l’ha detto” e del ribaltamento fra conoscere e ignorare, dove “saper parlare in pubblico”, pur non avendo contenuti o passandoli per tali e sbagliando i tempi verbali è considerato “cool”, qualcuno potrà non essere d’accordo. Purtroppo per lui, il congiuntivo non sta sparendo e prima o poi tornerà utile saperlo usare. In modo corretto.

BUSINESS WRITER: ultima SPERANZA dei DISPERATI o VEZZO per INTELLETTUALI?

Pagare per scrivere testi?”.

“Sì, scrivere è un lavoro. E neanche troppo semplice”.

“Quindi lei mi sta dicendo che io dovrei pagare qualcuno perchè mi scriva gli articoli per il sito”.

“Se non ha il tempo per farlo lei personalmente o non ha dimestichezza con lo scrivere…”.

“Li farò scrivere dalla segretaria, tanto è pagata per  fare ciò che le dico. Così risparmio… e poi non c’è molto da ingegnarsi, basta copiare due note tecniche, i miei prodotti si vendono da soli”.

CREDENZE E SCRITTURA

I clienti non sono tutti uguali. Per fortuna.

E di fronte alla monolitica credenza di alcuni per cui “tutti sanno scrivere”, molti altri sanno benissimo che saper scrivere richiede competenze specifiche e conoscenze trasversali.

Congedo il cliente, sempre più irritato dal mio sorriso. Eppure non posso farne a meno. Di sorridere. La sua azienda si fa sempre più piccola,  mentre dallo specchietto retrovisore della mia auto, mi allontano verso lidi più assennati.

IL PASSATO RITORNA SEMPRE

E poi mi viene in mente una conversazione di oltre 25 anni fa con un giornalista di carta stampata molto noto. “Quando passai l’esame per diventare giornalista professionista – mi raccontò – mio padre mi chiese: ma quando inizi a lavorare per davvero?”.

Questo cliente non è lontano, per età, dal padre del mio collega. Convinto che scrivere sia un diletto borghese o l’ultimo sogno dei disperati poeti maledetti.

Chissà, mi chiedo, se fra qualche anno questa azienda ci sarà ancora. Ed ecco, che il mio sorriso, si arrende alla tristezza. Abdicare non è mai facile, e forse non è solo di un business writer che questo imprenditore avrebbe bisogno…