VITTIMA, PERSECUTORE O SALVATORE? Quale ruolo interpreti durante liti e discussioni?
C’è Roberto che rimprovera spesso Sonia di essere poco collaborativa, di non pensare per la squadra e c’è Giorgio che interviene in difesa di Sonia, dando spiegazioni e cercando di placare Roberto, ma viene a sua volta accusato da entrambi di intromettersi dove non richiesto. Così irritato e frustrato si alza e lascia la riunione.
Chi non si è mai trovato in una situazione simile? Chi non ha avuto la tentazione di trincerarsi nel ruolo di vittima, impotente e innocente e poi di colpo ritrovarsi ad accusare in tono rabbioso l’altro, delle proprie difficoltà?
Forse non ne siete consapevoli ma diatribe e conflitti che animano luoghi di lavoro e ambienti famigliari, sono sempre gli stessi e identico è lo schema di accuse e alleanze nonchè i ruoli che si rivestono all’interno di queste situazioni. Proprio come avviene a teatro. Non a caso questa dinamica viene considerata da Eric Berne, il padre dell’analisi transazionale un gioco psicologico ossia “una serie di transazioni ripetitive a cui fa seguito un colpo di scena con uno scambio di ruoli, un senso di confusione accompagnato da uno stato d’animo spiacevole come tornaconto”.
E ogni qualvolta giochiamo dei “giochi”, discutiamo, litighiamo, entriamo in uno di questi tre ruoli di copione: vittima, persecutore, salvatore.
Tutti tendiamo ad affrontare la vita scegliendo di giocare da una posizione di forza. Non è sempre chiaro, a chi lo interpreta, quale sia il suo ruolo preferito: non è raro, ad esempio, che una persona che si sente vittima perseguiti in realtà chi gli sta attorno (e che quindi sia in realtà un persecutore). Ruoli che sono tipici nelle favole: Cenerentola, per esempio, è la classica Vittima, che subisce le angherie di matrigna e sorellastre, ma riceve un aiuto addirittura da tre Salvatori: fatina, topini, principe. Vittima (del lupo) è anche Cappuccetto rosso, salvata dal cacciatore.
Stephen Karpman nel 1968 ha ideato uno strumento semplice e potente per analizzare i giochi, o meglio gli stili di interazione: il triangolo drammatico. In questo schema, ad ogni vertice della figura geometrica, corrisponde un ruolo: vittima, persecutore, salvatore. Ognuno di questi ruoli permette a chi lo gioca di soddisfare alcuni bisogni egoistici, di volta in volta mascherati dietro a comportamenti apparentemente di segno opposto, tutti legati da una unica emozione di fondo: il senso di colpa.
I tre ruoli si alternano tra i personaggi e ogni ruolo è negativo perché si alimenta di debolezze, manipolazioni e svalutazioni. Da qualunque ruolo si inizi, si va inevitabilmente a finire in quello della vittima. Infatti il comportamento del salvatore o del carnefice crea dentro di noi paura, sensi di colpa e inferiorità. Il che genera umiliazione, rabbia, e si sfocia nel vittimismo.
IL PERSECUTORE
Il persecutore (è tutta colpa tua!) è critico, oppressivo e giudicante. Si sente superiore e bullizza la vittima. In questo modo evita i propri sentimenti e le proprie paure. Assume potere sugli altri attraverso la forza, la minaccia e l’aggressività. Usando l’intimidazione e l’inquisizione, gioca un gioco manipolativo che serve a creare una corte di persone sottomesse da dominare ed usare. L’aggressività non sempre è fisica, anzi spesso è verbale, morale e psicologica. Sarcasmo, critica, giudizi forti e taglienti, atteggiamento supponente, sono le sue armi. L’effetto che queste sortiscono è la confusione e la paura, in questo modo la vittima finisce per fare ciò che il persecutore ordina. Il persecutore nel momento in cui critica o diviene aggressivo, mette in atto proprio i comportamenti che rimprovera agli altri e dai quali dice di difendersi. Dietro un’immagine di forza e aggressività nasconde paura e debolezza.
LA VITTIMA
La vittima (povero me!) è la persona che ottiene attenzione: sia persecutore sia salvatore si concentrano su di lei. Il ruolo di vittima permette di evitare l’assunzione di responsabilità e soddisfa il bisogno di dipendenza della persona; la vittima cerca un capro espiatorio da incolpare dei propri errori. I suoi sentimenti hanno a che fare con il sentirsi oppressa, accusata, senza speranza. Questa persona appare incapace di prendere decisioni, di risolvere problemi e trovare soluzioni. In realtà, la vittima non è sempre realmente vittima, ma agisce come tale; dietro un atteggiamento addolorato e debole nasconde una grande forza e una notevole attitudine manipolatoria. Non si lamenta e non chiede direttamente. È in continua posizione d’attesa e di pretesa dagli altri. Rimane stupita e offesa quando gli altri non comprendono i suoi bisogni e i suoi desideri inespressi. La vittima è ipersensibile nell’interpretare gli avvenimenti come congiure della sorte contro di sé, come ingiustizie che “tutti” fanno nei suoi confronti. Da questa posizione di grande disagio passa facilmente al ruolo di persecutore attaccando e accusando persone e avvenimenti per mettere ordine di fronte a tanta ingiustizia.
IL SALVATORE
Il salvatore (ti aiuto io!) accorre in aiuto della vittima quindi apparentemente si preoccupa dei bisogni altrui. Aiuta la vittima e le permette di restare vittima, sollevandola da ogni responsabilità e allo stesso tempo consente al persecutore di continuare ad attaccare. Si aspetta dagli altri gratitudine e riconoscenza e il non riceverle, potrebbe trasformarlo in persecutore. Accorrendo in aiuto della vittima si sentirà moralmente superiore e allo stesso tempo sollevato dall’affrontare le proprie difficoltà. Nel giocare il ruolo del salvatore la persona trova un apparente momentaneo sollievo alla propria solitudine, al proprio isolamento creando l’illusione di vivere una relazione affettiva. Il salvatore esprime bontà e interesse, ma in realtà nasconde bisogni personali e solitudine. Si crea così il paradosso di un aiuto dato per il proprio bisogno, in cui l’aiuto non richiesto può essere colto come un’invasione, una prevaricazione soffocante. La paura di non valere, di non avere diritto ad esistere, di non essere riconosciuto scatena una rabbia focalizzata verso il proprio interlocutore: il salvatore finisce per assumere il ruolo del persecutore.
COME USCIRE DAL TRIANGOLO DRAMMATICO
Non è facile interrompere questo tipo di relazione. Ognuno è inconsapevole di cosa sta accadendo, prova sensazioni molto sgradevoli ed è confuso dall’intercambiabilità dei ruoli.
Cerchiamo di capire meglio con un esempio. Due pesci rossi si incontrano e uno chiede all’altro: “Com’è da te l’acqua?”, l’altro gli risponde “Che cos’è l’acqua?”. È proprio questo il centro del problema: non sapere di non sapere. Se non siamo consapevoli di questi ruoli, degli schemi e dei copioni che recitiamo, questi continueranno a esercitare una forza gravitazionale troppo forte, non riusciremo a sfuggirne e continueranno a condizionarci negativamente.
- Fermati e osserva, focalizzandoti su di te, sui tuoi sentimenti. Smetti di scappare e comincia, gradualmente, a familiarizzare con il tuo mondo interno.
- Lascia agli altri la responsabilità della propria vita. Per quanto tu conosca bene colleghi e familiari, evita di “leggere nel pensiero” e di giudicarli. Ti fa rabbia vederli assumere certi atteggiamenti? Sono loro a decidere della propria vita, non tu.
- Quando in una lite ti senti ingabbiato, prova a guardare con distacco alla situazione per capire quale ruolo stai interpretando e quali emozioni ti portano ad agire in tal senso
- Allenati, guardando gli altri, a individuare la triade. Ogni soluzione parte dalla presa di consapevolezza!