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E se un GIORNO INCONTRASSI MURAKAMI…

Controverso, asciutto e spesso impenetrabile. E’ questa l’immagine che mi ero fatta attraverso i suoi libri. Leggendo quelle fitte parole che non lasciano spazio a troppi sorrisi. Trovarmelo di fronte, non è stato molto diverso. Haruki Murakami, uno degli scrittori più acclamati degli ultimi anni, più volte candidato al Nobel, nel primo incontro pubblico in Italia.

Schivo e sfuggente, lontano da riflettori e interviste, non a caso non firma copie per i suoi fan, è in Langa. Colline altrettanto schive e impenetrabili, che hanno custodito il male di vivere di altri introversi Pavese, per fare un nome fra i tanti. Il luogo adatto per chi scrive per l’amore della parola e non per il riconoscimento che la letteratura come sangue, spilla dal cuore e dalle anime inquiete.

Comprendo il suo disagio, che vivo ogni volta anch’io. “Il mio mestiere è scrivere, non certo parlare”, potrebbe dire qualche personaggio dei suoi romanzi…

Per chi non lo conosce, per chi ancora non lo ha affrontato e anche per tutti gli altri, racconto attraverso parole chiave Murakami. Almeno ci provo.

ADOLESCENZA

Accosta, nei suoi romanzi, personaggi complessi, incapaci talvolta persino di comprendere loro stessi. Dall’adolescenza crudele, drammatica, dove morte e abbandono son così ricorrenti, da far male anche al lettore.

LIMBO

Dal dolore, dalla realtà che non risparmia nessuno, si travalica nel sogno. Si è sempre sospesi fra due mondi con Murakami. E man mano che le pagine si susseguono, smarrisci il sentiero e ti domandi dove vivi davvero. E poi c’è la certezza dell’incertezza. Il passato bussa ogni volta, reclamando attenzione. E portando il conto. Difficile sottrarsi.

TRISTEZZA

In ogni pagina ritorna la tristezza fitta, che come nebbia ti accompagna parola dopo parola e non si smarrisce nemmeno al The End. L’ineluttabile realtà non delle tragedie ma della vita normale. Quasi mai, se ci pensiamo bene, si vive felici e contenti. All’infinito.

SESSO

Anche il sesso è angosciante con Murakami. Disordinato, complicato, caotico, carne e passioni. Quasi mai piacevole da essere ricordato. Profondo nel suo simbolismo. In fondo, ogni orgasmo simula la vita e la morte. La realtà è molto peggio della fantasia.

MORTE E MUSICA

Compagne fidate, allietano o stroncano giornate più o meno amare. Ci sono sempre. E portano sempre un significato.

SOLITUDINE

I protagonisti sono spesso eroi solitari, indipendenti e liberi. Murakami descrive la bellezza di una solitudine non distruttiva, che è capace di uscire da un isolamento disperato perché in equilibrio. Quella, penso, che vive in lui. Che gli appartiene.

Così da vicino, schivo e sfuggente, ritrovo molti dei protagonisti dei suoi romanzi. L’equilibrio di essere se stessi, anche con gli abiti di chi lui, nei suoi libri, dà e toglie la vita.

COSA vuol dire ESSERE uno SCRITTORE? DISSERTAZIONI fra un GHOST (io) e un CLIENTE

“Cosa vuol dire essere uno scrittore?”, mi chiede un cliente per il quale sto scrivendo la biografia.

Bella domanda dalla risposta complessa. Il sole ci cuoce la pelle, tormentando i sensi.

Lascio la parola a Murakami: Quando si cerca di entrare in un campo che non è il proprio, qualunque esso sia, non si è visti di buon occhio dalle persone che vi appartengono, e che tendono a impedirne l’accesso, come i globuli bianchi cercano di eliminare dal corpo i microorganismi estranei. Poi queste stesse persone finiscono per accettare tacitamente chi insiste imperterrito e ammetterlo tra i propri ranghi con l’aria di dire – Cosa ci possiamo fare? – ma per lo meno all’inizio sono molto diffidenti. Più un campo è ristretto, specialistico e prestigioso , più l’orgoglio e l’esclusivismo sono forti e cresce al resistenza ad accogliere gente nuova. “

Essere uno scrittore è cosa ardua, ancora più difficile è rimanerlo. Nel tempo. Tutti possono scrivere un bel libro, ma pochi hanno le carte in regola per rimanere nel club esclusivo degli scrittori affermati. Un club che richiede un dazio molto alto e non tutti vogliono o possono pagarlo.

Le REGOLE di SCRITTURA di MURAKAMI

Murakami ha scritto il suo primo romanzo a 30 anni, e poi non ha più smesso, resistendo alle critiche, ai premi mancati, ai commenti distruttivi.  Ha puntato sull’originalità, sovvertendo il sistema: scrive in inglese, poi traduce in giapponese. Per questo i suoi libri sembrano scritti con uno stile da “lingua tradotta”…

E’ ossessivo. Cerca i dettagli, quelli inconsueti, interessanti, incoerenti e da lì parte per scrivere le sue storie.

Scrive ogni giorno, 4 o 5 ore senza sosta. Nella solitudine di una stanza, dinanzi a un foglio bianco. Percorrendo se stesso, nel bene e nel male. Conscio che è attraverso la propria nudità che si trovano le storie da  raccontare. La vulnerabilità, mi piace pensare sia, una faccia della creatività.

Non scrive per  commissione, per fama o per dimostrare qualcosa Murakami. Scrive perché ama farlo e lo sa fare bene. Giorno dopo giorno, anche quando nessuno ci crede.

Questo è soprattutto ciò che mi ha insegnato la scrittura: scoprire se stessi in se stessi, senza proclami, acclamazioni e palchi posticci e traballanti montati per far soldi e non per segnare la storia. Qualunque essa sia.