Tag Archivio per: #editing

Le TRAPPOLE della (MALA) SCRITTURA

Non è facile far percepire il valore dello scrittore (professionista). Che si tratti di scrivere un articolo, un libro, una Newsletter o post per blog e social. Tutti sanno costruire frasi, ecco perché è facile improvvisarsi copy, ghostwriter e scrittori e millantare capacità letterarie poi non coerenti con i risultati portati a casa e sostenibili nel tempo.

Scrivere male è infatti assai più facile e più frequente dello scrivere bene. Per appropriarti dell’arte della scrittura l’unico modo è leggere tanto e scrivere di più. Migliorarsi è possibile ma non è nè facile nè rapido.

Inoltre ogni volta che ci si cimenta nella stesura di un libro o di un articolo alcune trappole mentali si materializzano come d’incanto per rendere l’impresa ancor più ardua. Quali?

LA TRAPPOLA DELL’AUTOCOMPIACIMENTO

E’ la credenza di avere la verità in tasca, di pensarsi migliori di tutti. E questo porta a una scrittura pessima, autoreferenziale, cieca ai bisogni di chi legge e di chi cerca risposte e soluzioni. Questo stile può funzionare quando si tratta di tomi universitari o di temi complessi, in tutti gli altri casi è un suicidio. La scrittura è ben altro: è la capacità di aprirsi agli altri, di confrontarsi e ascoltare le idee del mondo. Non c’è peggior scrittore di chi crede di essere Tim Roth, Martin Amis o Umberto Eco e di poter dire la sua senza ascoltare nessuno. In questi casi è meglio limitarsi a scrivere un diario da tenersi rigorosamente in un cassetto.

LA TRAPPOLA DELL’INSICUREZZA

Chi è insicuro o costellato di dubbi tende a scrivere male in quanto non vuole esporsi, vuole rimanere al sicuro nella propria zona di comfort. E finisce con trattare tematiche in modo superficiale e asettico, facendo di tutto per nascondere il proprio tratto distintivo, la propria firma, il proprio stile. Senza emozioni non c’è storia che vale la pena essere vissuta.

LA TRAPPOLA DELLA MONOTONIA

Come nella vita di tutti i giorni, anche nella scrittura tendiamo a proporre i soliti schemi, le nostre rassicuranti ed automatiche routine.

Nel caso della scrittura il rischio è di appiattire la trama, risultando noiosi e poco emozionali. Scontati. Confrontarsi con altri stili e leggere molto è sempre il miglior consiglio per appropriarsi di più stili e di una leggerezza narrativa raramente innata.

SCRIVERE E’ UN LAVORO PER POCHI

Scrivere è dunque un lavoro per pochi. Coloro che si mettono in gioco. Che conoscono la grammatica, la sintassi, le regole della leggibilità. Scrivere in modo errato “qual è” o “anch’io” sono errori che si possono correggere, più difficile è il rapporto con se stessi e il proprio pubblico. Non per nulla molti abbandonano o continuano a scrivere male, schermandosi dietro scuse e l’arroganza di chiamare stile personale, una schizofrenia di parole buttate a caso come tessere di un puzzle su un foglio bianco.

Scrivere è un lavoro. E come tale non può essere improvvisato.

SAPPIAMO LEGGERE SOLO i LIBRI di CALCIATORI e CHEF…

Ho sempre cercato di scrivere cose che avessero un significato, capaci di regalare esperienze, anche quando forse avrei fatto meglio a non scrivere affatto.

Ogni tanto penso di aver scritto cose importanti. Altre molto meno. Eppure, sento di dover continuare, per nutrire quella famelica necessità così ben radicata in me, che detta le regole del gioco, il gioco dell’esprimere chi sono, attraverso la scrittura.

La scrittura mi fa credere di poter persuadere il mondo. Decidere le parole, la punteggiatura, la trama narrativa, l’intreccio, i protagonisti, mi ha fatto credere di esser a mia volta protagonista di qualcosa.

La scrittura, dicevo, è fondamentale per un essere scrivente. Vitale. Anacronistica, a volte: se si scrive, non si vive. Almeno parafrasando Pavese.

L’ITALIA CHE NON LEGGE

Oggi l’Italia è un paese saturo di scrittori e non di lettori: 6 italiani su 10 non legge nemmeno un libro l’anno. Tanti scrittori per pochi lettori.

Se l’editoria sta annegando inesorabilmente in una crisi senza fine, la contrazione delle vendite non avviene quando, ad essere pubblicati e letti, sono i libri di calciatori e chef (famosi).

IMPOVERIMENTO CULTURALE DELLE MASSE

Un perverso amore verso un’icona, un simbolo, rimane. Sintomo di un vuoto oceanico, fra il mondo culturale e la quotidianità. Gap che con gli anni sta prendendo dimensioni atroci.

L’impoverimento culturale delle masse, autoindotto o manipolato ad arte, screpola la consapevolezza da parte di queste ultime, sottraendo loro l’aspetto ludico e arricchente che può derivare da una ecologica vita culturale. E questo, conduce i singoli a cercare ciò che è stato loro negato in contesti inconsistenti e molto, troppo distanti dalla realtà, dove peraltro la dimensione sociale viene meno o quasi. Mentre l’emarginazione di chi ama la sophia, assume contorni kafkiani.

La cultura italiana resiste, fra baionette linguistiche, calamaio e carta per difendersi dagli assalti nemici, in attesa di un pubblico al momento solo impegnato a fare le file sbagliate.

COSA vuol dire ESSERE uno SCRITTORE? DISSERTAZIONI fra un GHOST (io) e un CLIENTE

“Cosa vuol dire essere uno scrittore?”, mi chiede un cliente per il quale sto scrivendo la biografia.

Bella domanda dalla risposta complessa. Il sole ci cuoce la pelle, tormentando i sensi.

Lascio la parola a Murakami: Quando si cerca di entrare in un campo che non è il proprio, qualunque esso sia, non si è visti di buon occhio dalle persone che vi appartengono, e che tendono a impedirne l’accesso, come i globuli bianchi cercano di eliminare dal corpo i microorganismi estranei. Poi queste stesse persone finiscono per accettare tacitamente chi insiste imperterrito e ammetterlo tra i propri ranghi con l’aria di dire – Cosa ci possiamo fare? – ma per lo meno all’inizio sono molto diffidenti. Più un campo è ristretto, specialistico e prestigioso , più l’orgoglio e l’esclusivismo sono forti e cresce al resistenza ad accogliere gente nuova. “

Essere uno scrittore è cosa ardua, ancora più difficile è rimanerlo. Nel tempo. Tutti possono scrivere un bel libro, ma pochi hanno le carte in regola per rimanere nel club esclusivo degli scrittori affermati. Un club che richiede un dazio molto alto e non tutti vogliono o possono pagarlo.

Le REGOLE di SCRITTURA di MURAKAMI

Murakami ha scritto il suo primo romanzo a 30 anni, e poi non ha più smesso, resistendo alle critiche, ai premi mancati, ai commenti distruttivi.  Ha puntato sull’originalità, sovvertendo il sistema: scrive in inglese, poi traduce in giapponese. Per questo i suoi libri sembrano scritti con uno stile da “lingua tradotta”…

E’ ossessivo. Cerca i dettagli, quelli inconsueti, interessanti, incoerenti e da lì parte per scrivere le sue storie.

Scrive ogni giorno, 4 o 5 ore senza sosta. Nella solitudine di una stanza, dinanzi a un foglio bianco. Percorrendo se stesso, nel bene e nel male. Conscio che è attraverso la propria nudità che si trovano le storie da  raccontare. La vulnerabilità, mi piace pensare sia, una faccia della creatività.

Non scrive per  commissione, per fama o per dimostrare qualcosa Murakami. Scrive perché ama farlo e lo sa fare bene. Giorno dopo giorno, anche quando nessuno ci crede.

Questo è soprattutto ciò che mi ha insegnato la scrittura: scoprire se stessi in se stessi, senza proclami, acclamazioni e palchi posticci e traballanti montati per far soldi e non per segnare la storia. Qualunque essa sia.

 

 

 

La SOLITUDINE di SCRITTORI e NUOTATORI

La SOLITUDINE del NUOTATORE

Ore seguendo una linea scura disegnata sul fondo, macinando chilometri, virata dopo virata, vasca dopo vasca e sfidando un cronometro impietoso.

Ci vuole resistenza e resilienza per nuotare. Sport solitario per eccellenza, l’unico limite che ti pone, non è l’acqua ma se stessi. Con i propri pensieri, le fragilità che vengono a galla e sono incapaci di perdonarti.

Senti il tuo respiro mentre nuoti, nient’altro che questo. E nessuno può dire se stai andando bene, devi saperlo da solo: si suppone che tu sappia, ogni minuto, ogni secondo, cosa stai facendo e se lo stai facendo nel modo giusto.

Nel momento stesso che metti piede in piscina, tutto svanisce.

Stress, paura e debolezze non possono entrare in acqua con te, devi essere più leggero che puoi, più veloce che puoi, più perfetto che puoi.  Sei semplicemente solo con te stesso. E all’improvviso neppure te ne accorgi della profonda solitudine in cui sei immerso. Quando nuoti. E quando scrivi.

La SOLITUDINE dello SCRITTORE

«La solitudine della scrittura – scriveva Marguerite Duras – è una solitudine senza la quale lo scritto non si realizza o si sbriciola esangue nel cercare cosa scrivere ancora”.

Ci vuole separazione dagli altri quando si scrive. E la solitudine reale del corpo diventa presto quella, inviolabile, dello scritto.

Penna alla mano, mi domando quanto la solitudine affogata nell’acqua, mi abbia portato alla solitudine della scrittura. Così affine, perversa, necessaria.

Forse è per questo che non tutti sono scrittori… Non tutti sanno stare soli, nell’immensità vuota che forse, si farà libro. Non tutti sanno rendere la solitudine una necessità.

EGO, INDIPENDENZA e LAVORO INDIVIDUALE

Mi rendo conto che non si può essere nuotatore o scrittore se non si ama la solitudine e l’indipendenza violenta e inesprimibile che ne deriva. Glaciale e silenziosa eppure così accogliente e protettiva. Un gioco che da un lato coccola l’ego, dello scrittore e del nuotatore professionista, dall’altra il lavoro individuale della scrittura, il trauma e lo schiaffo della pagina bianca e delle vasche ancora, incessantemente, da nuotare.

COME la SCRITTURA può farsi PREZIOSA BUSSOLA INTELLETTUALE

 

“Il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura. Il fine della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere”.

Torna nelle mie letture Eric Arthur Blair, più noto al grande pubblico come George Orwell scrittore capace, anche in un momento di grande instabilità politica qual è quello attuale (tra l’ingannevole esaltazione di improbabili revanscismi e il lamento di chi profila scenari apocalittici), di imporsi con la sua lucidità rigorosa e lungimirante, e farsi preziosa bussola intellettuale

Il FUTURO CHE ORWELL IMMAGINA

In 1984 Orwell descrive il futuro che immagina: la Terra è suddivisa in tre grandi potenze totalitarie, costantemente in guerra, allo scopo di controllare le masse. In Oceania, nella cui capitale Londra è ambientata l’azione, comanda il Socing, una dittatura onnisciente governata dal Grande Fratello: una figura quasi divina, mai incontrata da nessuno, che tiene costantemente sotto controllo la vita di tutti i cittadini attraverso telecamere e controllo psichico operato dalla psicopolizia. La dittatura controlla anche il pensiero, dunque, e il linguaggio, attraverso il bispensiero, che impone come verità l’assurdo.

L’INFLUENZA di 1984 in LETTERATURA E NELLA MUSICA

L’impatto di 1984 non si esaurisce nelle pagine del libro, ma influenza opere e figure diverse in modo trasversale. E’ noto infatti che Orwell scelse la data del titolo invertendo le ultime cifre dell’anno di composizione composizione (’48), ottenendo così un’ambientazione in un futuro sufficientemente lontano per proiettarvi una visione irreale, ma comunque vicino nel tempo per una denuncia dei possibili sviluppi dei regimi contemporanei.

Da Farhenheit 451, a Stephen King fino a Murakami in letteratura; a George Lucas (ne: L’uomo che fuggì dal futuro) e Terry Gilliam (Brazil) nel cinema; alcune delle menti più brillanti del secondo dopoguerra si sono ispirate alla tremenda, ma plausibile, visione orwelliana.

Nella musica, 1984 ha ispirato l’inquieta immaginazione di David Bowie nel suo impegnativo concept album Diamond Dogs.

E ancora V for Vendetta (frutto del genio di Alan Moore); il reportage fumettistico PyongyangGolem di LRNZ, visione distopica dell’Italia del futuro che certo molto deve anche alle riflessioni di Aldous Huxley, Mondo Nuovo, ancora più profetico poiché pubblicato nel 1932, un anno prima dell’avvento al potere di Hitler.

Accostare 1984 a Mondo Nuovo nelle loro differenze, è esercizio critico obbligatorio. Lasciamo la sintesi, impeccabile alle parole di Huxley: “La società descritta in 1984 è una società controllata quasi esclusivamente dal castigo e dal timore di esso. Nel mondo immaginario della mia favola il castigo è raro e di solito mite”.

Pensare che ora, l’espressione Grande Fratello sia il simbolo dell’inutilità indotto dalla tv spazzatura, nella sua tragica ironia, è forse la sintesi e il compimento delle profezie dei due geniali scrittori.

QUANTO MI COSTA UN ARTICOLO SCRITTO DA LEI?

 

“Quanto costa un articolo scritto da lei”?

E’ una delle prime domande che mi viene posta, quasi ogni giorno. Prima ancora che mi vengano spiegati i contenuti e gli argomenti che si vorrebbero affrontare nel testo.

 Difficile è trovare un tariffario che indichi con precisione costi e prezzi per la scrittura di articoli o contenuti (per il web e non), di conseguenza i non addetti ai lavori si trovano in difficoltà ad interfacciarsi con i copywriter e i SEO copywriter, spesso non conoscendo il valore del lavoro.

La risposta è dipende.

Dipende da: tipo di articolo, tempistiche, competenze, professionalità ed esperienza del professionista. Gli articoli non sono tutti uguali e gli argomenti non sono tutti uguali. Così come non sono tutti uguali i blog, i giornali, le riviste dove vengono pubblicati.

COSA VUOL DIRE DIPENDE DAL TIPO DI ARTICOLO?

Esistono tipologie diverse di articolo: dalla riscrittura di news comparse su altri quotidiani (il prezzo in questo caso è piuttosto basso), all’articolo di 1500 parole per siti autorevoli che trattano specifici argomenti in maniera precisa e accurata. Scrivere genericamente di abbronzatura estiva è ben diverso dallo scrivere articoli scientifici sui danni che l’eccessiva esposizione al sole causa alla pelle. Diverso è scrivere su una generica pagina di FB, o su una rivista medica.

COSA VUOL DIRE DIPENDE DALLE COMPETENZE?

Non tutti coloro che scrivono, sanno scrivere e hanno le competenze (studi) e l’esperienza (maturata negli anni e comprovata) per farlo. Il costo di un articolo dipende anche dalle competenze dello scrittore, del professionista, del giornalista (e non persona improvvisata) che lo scrive.

Ricordo che giornalista non lo diventa scrivendo, ma dopo un iter non semplicissimo che si completa con l’iscrizione all’albo.

Quindi, se chi scrive è un professionista con reali competenze, ossia un giornalista un articolo può valere non poche decine di euro, diverso se chi scrive lo fa per diletto, in questo caso il valore corretto è quello che si può dare alla parole del provetto scrittore.

COME SI VALUTA IL COSTO DI UN ARTICOLO?

Il prezzo della stesura di un articolo è dato dalla somma di due diversi fattori: il valore dell’articolo in sé e la professionalità del Writer.

Esistono due diverse equazioni grazie alle quali è possibile quantificare il costo: la prima si basa sulla quantità di parole, la seconda sulla quantità di tempo.

Equazione n.1 – Numero delle parole x costo per parola = costo totale

Equazione n.2 –  Tempo per la scrittura x tariffa oraria del Writer = costo totale

A queste equazioni possono poi essere applicate delle costanti di difficoltà.  Se, ad esempio, viene richiesto un articolo per una rivista scientifica, il costo dell’articolo lieviterà, dovendo il writer andarsi a studiare l’argomento prima di poterne scrivere. Anche se a questo proposito sarebbe meglio avere argomenti ben definiti di cui scrivere, frutto di studi di base o approfondimenti. Insomma non ci si improvvisa tuttologi, ancor meno in questo campo.

Anche la tempistica ha un costo, così l’ottimizzazione SEO e la ricerca di immagini correlate se si tratta di testi online.

Il costo per parola dipende anch’esso dall’esperienza e competenza del copywriter. Per un freelancer alle prime armi un costo equo per parola è fra lo 0,015 – 0,02 cent; per un copy esperto 0,04-0,08 cent a parola.

Una tariffa oraria per un Freelancer potrebbe essere di 8-15 €/ora, quella di un professionista dipende da diversi fattori. Ha partita IVA? La sua attività ha spese? È formato e competente? In questo caso la tariffa potrà variare dai 25 ai 50 €/l’ora.

SCRIVERE UN ARTICOLO, COSA VUOL DIRE?

La scrittura del testo è solo una delle tante fasi necessarie alla realizzazione di un articolo e non è nemmeno la prima.

Prima fase: individuazione della Buyer Personas

Seconda fase: Key word Research

Terza fase: Studio dell’argomento
Quarta fase: Stesura dell’articolo

Quinta fase: formattazione su WordPress per aumentarne la leggibilità (se andrà online)
Sesta fase: ottimizzazione delle immagini
Settima fase: ottimizzazione SEO (tag title, meta description e link interni)

Scrivere un articolo, soprattutto quando ottimizzato SEO significa solo in una minima parte scrivere il contenuto testuale. Tutte queste fasi “accessorie” sono quelle che definiscono il valore, e quindi il prezzo, dell’ articolo, nonché la professionalità del Writer.

QUINDI, QUAL E’ IL PREZZO DI UN ARTICOLO?

Ogni articolo ha un prezzo diverso.

Dai 10 € per un esordiente senza esperienza, dai 50 € in su per i professionisti per un articolo standard sotto le 1000 parole.

Un costo non eccessivo se conti il tempo e l’esperienza.

E TU COME CALCOLI IL VALORE DEGLI ARTICOLI?

Questa è una domanda che non dimentico mai di fare ai miei clienti. Spesso, soprattutto chi non ha dimestichezza con la scrittura, tende a sottovalutare la professione dello scrittore… per questo è importante mai sostituirsi al cliente, ed è anche per questo che spesso più che sostituirmi a lui, lo affianco. Lui scrive e io aggiusto, limo, perfeziono. E questi sono sempre i clienti più soddisfatti.